mercoledì 6 febbraio 2013



Magnificamente calvo, abbronzato e ben sbarbato, incominciava in modo alquanto imponente con quel gran cranio a cupola brunastro, con gli occhiali cerchiati in tartaruga (per mascherare l'assenza infantile di sopracciglia), con un labbro superiore scimmiesco, un collo grosso, un robusto torso virile nella giacca di tweed piuttosto stretta; ma terminava, ed era deludente alquanto, con due gambette sottili (in quel momento nascoste dai pantaloni di flanella e accavallate) e con piedi minuti, quasi femminili.



Non so se qualcuno abbia mai fatto rilevare prima d'ora che una delle caratteristiche principali della vita è la separazione. A meno che non ci avviluppi una pellicola di carne, moriamo. L'uomo può esistere soltanto in quanto è separato dal suo ambiente. Il cranio è un casco da astronauta. Rimani dentro di te o perirai. La morte è svestizione, la morte è comunione. Può essere meraviglioso confondersi con il paesaggio, ma far questo significa por termine al tenero Io.



 
 
 
 

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