martedì 2 luglio 2013

Domo, 14. ij [1939]


Ancora autobiografia. Notiziario: non ho mai pensato così poco come quest'anno. Ho passato il tempo a lavorare (mille franchi mensili meritando che « non si faccia altro »; d'altronde la scoperta suscitando ancora qualche brivido sincero) e a documentarmi, con una certa violenza. Quando ero più solo, non pensavo che me; ora il mio corpo mi è estremamente remoto, perduto... Risultato: rivocare in dubbio almeno una volta al giorno la pretesa di essere clever, o malin, o astucieux. Forse non immagini (nessuno immagina) quanto io sia insicuro. Sarà lo stile, perché io mi esprimo troppo male? sarà la compressione dell'educazione? Il mondo esterno ha l'aria di vedere in me della certezza, magari arrogante. Non mi tocco troppo per non sentire il suono del vuoto. 
 Che almeno esista una letteratura specializzata (dei testi), per i fedeli del désespoir. Avremo il quarto d'ora delle nostre letture segrete. Se non ci sono applausi intorno, murmuri d'approvazione, poco male; e meglio se non toccano il libro.
(...)

G.C.



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